San Claudio al Chienti e la chiese romaniche a croce greca iscritta nelle Marche
Lamusa società cooperativa, Ascoli Piceno, 2006

 

Elisabeth de Moreau d’Andoy, Pievebovigliana, Piceno/Marche, gennaio 2024

 

Dal titolo, sappiamo che Hildegard Sahler daterà i monumenti studiati come romanici, malgrado il suo uso fitto delle parole “probabilmente”, “forse” ecc. Lo stile romanico comincia con l’anno mille.
Perché è importante datare questi edifici al dopo l’anno mille?
Se sono stati costruiti dopo l’anno mille, non sono stati costruiti dai Carolingi (circa 688-900) e tutta la falsa storia dell’alto medio evo che ci insegnano nelle università e le scuole del mondo rimane in piedi.
Invece se questi edifici sono datati intorno al sec. VIII-IX, questo conferma che Carlomagno non aveva nulla da vedere con la Germania, dove non ci sono reperti archeologici.
Molti storici importanti hanno sostenuto questa ipotesi: il belga Henri Pirenne (1862-1935), l’austriaco Alfons Dopsch (1868-1953), il francese Marc Léopold Benjamin Bloch (fucilato senza motivo dalla Gestapo nel1944), il tedesco Heribert Illig (1947 – Vivente), l’Italiano Giovanni Carnevale (1924-2021), l’Italiano Gillo Dorfles (Ragazzi, Civiltà d’arte, vol. 2 2014, Atlas), il tedesco Andreas Schaub.

Si tratta dunque di un libro POLITICO.

Non ho l’intenzione di riprendere tutti errori e tutte le scelte guidate dalla politica fatte dalla Sahler, ma vediamone qualcuna.
Come per caso, la Sahler non mette da nessuna parte la pianta della “Cappella Palatina” di Aachen (Aquisgrana per gli Italiani). Invece, dovrebbe servire come modello di cappella carolingia, per datare le chiese che studia nel Piceno.

Tra le chiacchiere fuorvianti, Hildegard Sahler parla di 7 “chiese” importantissime per la nostra vera storia dell’alto medioevo. Hanno la stessa pianta quadrata, con 4 colonne o pilastri e absidi. Vedremo nelle mie conclusioni perché metto la parola “chiese” tra virgolette.

San Claudio al Chienti a Corridonia (Macerata)
Santa Croce di Conti a Sassoferrato (Ancona)
San Vittore alle Chiuse a Genga (Ancona)
Santa Maria alle Moje a Moje (Ancona)
Oratorio di Teodolfo, amico di Carlomagno, a Germingy-des-Prés (Francia)
Oratorio di Rutbertus de Lozinga a Hereford (Inghilterra)
Santa Maria nel castello di Paderna a Pontenure (Piacenza)

E’ Giovanni Carnevale che ha scoperto che questi 7 edifici sono chiaramente ispirati/copiati sul Frigidrium di Khirbet-al-Mafjar in Syria.

La chiesa Santa Maria di Paderna, riproduzione stupefacente del Frigidarium di Khirbet in più piccolo, è ufficialmente datata del nono secolo https://castellodipaderna.it/il-castello/.
La Sahler non contesta apertamente la datazione, ma, nominandola in questo gruppo di monumenti, implica che è romanica, che è dunque stata costruita dopo l’anno mille. In effetti, fa apposta di parlare di questa cappella per cambiare la sua datazione, ovviamente.

Santa Maria di Paderna

Ci sono altri monumenti che dovrebbero essere inclusi in questo gruppo di edifici. Ma la Sahler studia un piccolo gruppo che ha un rapporto stretto con i Carolingi, per provare di dimostrare che NON sono carolingi. E’ chiaro che, tra la fine dell’Impero Romano e l’anno mille, la gente ha proseguito a vivere, a commerciare, a costruire, a creare, soprattutto nei secoli VIII e IX (Carolingi). Non si può classificare l’architettura di più secoli prima del mille come romanica.

Come fa la Sahler a datare gli edifici studiati? Parte da San Claudio al Chienti che, secondo lei, sarebbe il primo edificio del gruppo ad essere stato costruito. Prende il primo documento che abbiamo che è del 1030 e dice, senza prova, che sicuramente è stato costruito verso il 1010 ed è dunque romanico (sec. XI).
Poi prende questo punto di riferimento inventato di sana pianta per datare le altre chiese del gruppo.
E in effetti, per ogni chiesa studiata, fa un capitolo di “datazione attraverso comparazioni stilistiche”. Cioè, ogni volta, sulla base delle similitudini architettoniche tra questi edifici, dà al monumento una data di costruzione simile a quella di San Claudio, precedentemente inventata da lei.

Diciamo subito che ci sono dubbi sull’ubicazione della chiesa denominata San Claudio, in Corridonia. San Claudio era il nome della chiesa nella città romana di Pausolae, che non esiste più. Le ricerche di Don Galiè, con l’aiuto del georadar, hanno fatto apparire che Pausolae si trovava 1,5 km più verso Morrovalle dell’attuale San Claudio. Dunque, la chiesa attuale non si chiamava San Claudio all’origine. Era la cappella Santa Maria dell’Imperatore Carlo Magno. Si può dunque immaginare che i vescovi di Fermo hanno chiamato la cappella di Carlomagno “San Claudio” per poter usurparne la proprietà quando l’impero ha cominciato a sgretolarsi.
En passant, San Claudio non è tetraconco come lo dice la Sahler in tutto il libro. Ha cinque absidi non quattro (tetra = 4 in Greco).

San Claudio, davanti

San Claudio, dietro

Anche San Vittore alle Chiuse è datato dalla Sahler al secolo XI.
C’è un PERO’. Ci sono tre firme di scalpellini scoperte da Camillo Ramelli, 1852, p.3 e seguenti. Tutte le lettere sono maiuscole. Camillo Ramelli data le firme del sec. IX (cioè Carolingie). Ovviamente il Serra, grande distruttore dell’archeologia marchigiana, poi la Sahler lo mettono in dubbio. Ma nella terza firma, c’è un punto triangolare che il Deschamps (1929, p.55) dichiara utilizzato “dai tempi dei Carolingi”. Dunque, di nuovo questa firma è datata al sec. VIII-IX. Malgrado questo, la Sahler dichiara che queste datazioni sono erronee e che le firme risalgono alla costruzione della chiesa, che è, ovviamente, il sec. XI!

Le torri quadrate ed i monasteri/abbazie sono stati costruiti nel XII-XIII secolo. Cioè, si vede ad occhio nudo! Anche il materiale di costruzione è diverso di quello utilizzato per costruire le chiese. Sono dunque 2-3-4 secoli più recenti delle “chiese” stesse. Ma per la Sahler, sono stati costruiti contemporaneamente alle chiese. Facendo così, la Sahler trasforma le “chiese” in chiese abbaziali anche se, all’origine, gli edifici studiati erano stati costruiti indipendenti, a sé stanti.

Nel caso di Santa Croce dei Conti, è addirittura ridicolo perché la chiesa è stata inglobata in un’abbazia secoli dopo la sua costruzione. In certi tratti esiste ancora, nell’abbazia, la facciata esterna della chiesa con rappresentazioni del Dio Mitra. Se la chiesa è stata costruita con l’abbazia, perché ha facciate esterne all’interno dei muri dell’abbazia? Anche cui c’è una differenza di materiale di costruzione evidente tra la chiesa e l’abbazia.

Santa Croce dei Conti, facciata esterna all’interno dell’abbazia

Vorrei anche dire a proposito della famiglia dei Conti Atto o Atti o Attoni che sono di origine burgunda, alleati all’antica famiglia reale burgunda. Sono entrati a far parte della famiglia Imperiale Carolingia per matrimonio. Erano a questo livello lì. Dunque avevano ereditato le loro proprietà nelle Marche dai Carolingi. Non era, come dice la Sahler, una famiglia “locale”. Non proprio.

A proposito di datazione, abbiamo nella stessa zona geografica mausolei carolingi come quello di Rambona, datato intorno all’anno 895 dal Professor Federico Guidobaldi dell’università La Sapienza di Roma, per conto del CNR. Questi mausolei possiedono le stesse caratteristiche generali delle “chiese” che sono studiate in questo libro. La Tomba dell’imperatore Lamberto era nel mausoleo di Rambona. E’ stata distrutta su ordine del vescovo di Macerata, Vincenzo Maria Strambi.
I mausolei di famiglie carolingie ci aiutano a datare le “chiese”, anche senza i corpi dei proprietari.
Si comincia così a delineare tutto un tessuto di castelli con le loro abbazie nelle quali i proprietari dei castelli avevano un loro mausoleo di famiglia. Come nella vicina Croazia.
Le chiese imperiali che ha studiato la Sahler senza capire il resto del quadro, rientrano in questo tessuto.
Leggere la pagina “Mausolei-cripte” in questo sito Internet.

Abbiamo poi la rappresentazione del committente della chiesa Sanda Croce dei Conti a Sassoferrato. Sul primo capitello di pilastro a sinistra quando si entra: è Carlo Martello, il nonno di Carlomagno!
La Sahler fa finta di non aver riconosciuto Carlo Martello che è mostrato con tutti i suoi attributi, incluso accanto a sé, la spoglia dell’orso che uccise da bambino. L’esecuzione dello scalpellino è tipica del secolo VII-VIII.

Se lo riconosce lei o qualcun altro, crolla tutta la costruzione di carta della falsa storia dell’alto medioevo. Carlomagno non c’entra con la Germania/Aquisgrana/Aachen dove non ci sono reperti archeologici.
Io sono Belga. Il nostro castello di famiglia, Andoy dove sono nata, è poco distante dal luogo di nascita di Carlo Martello. E’ nato attorno al 680-90 ad Andenne in Belgio tra le città di Liegi e Namur, lungo il maestoso fiume Mosa. E’ Carlo Martello, nonno di Carlomagno, che è rappresentato su un capitello di pilastro nella chiesa di Sassoferrato nel Piceno, con tutti i suoi attributi.

Andoy, Belgio

Carlo Martello, Santa Croce dei Conti, Sassoferrato, Italia

Per la Sahler, si tratta di San Daniele nella fossa dei leoni. Dove sono i leoni?

Abbiamo due documenti autentici che dichiarano, separatamene, che l’Oratorio di Teodolfo, amico di Carlomagno, a Germingy-des-Prés (Francia) e l’Oratorio di Rutbertus de Lozinga (= di Lotaringia) a Hereford in Inghilterra sono stati copiati sulla cappella palatina di Carlomagno.
Le 2 cappelle sono di pianta quadrata, e molto simili alla cappella di San Claudio. Questo mette fuori gioco la “cappella palatina” ottagonale di Aachen, chiamata Aquisgrana dagli Italiani. Come volevasi dimostrare.
La Sahler non parla di questi due documenti.

Germigny-des-Prés, Francia. Pianta dell’oratorio di Teodolfo copiato sulla capella di Carlomagno
L’abside anteriore è stata aggiunta nel 1867

Aachen, Germania, “cappella palatina” di Carlomagno
Assomiglia all’oratorio di Teodolfo a Germigny-des-Prés?

La Sahler passa anche sotto silenzio il ritrovamento nel 1926 della tomba dell’imperatore Ottone III nella chiesa San Claudio, davanti all’altare. La salma dell’imperatore era stata esposta al pubblico per una settimana prima di essere tumulata di nuovo. Il nonno di Enzo Mancini, nelle fonti qui di seguito, era testimone oculare. Secondo il pamphlet “Via col vento in Vaticano”, le spoglie dell’imperatore sarebbero state poi vendute e pagate 7 miliardi di Lire italiane in Svizzera.
I resti dell’elefante di Carlomagno, Abul Abbas, sono stati rinvenuti in un campo a San Claudio.
Sono due eventi ben documentati, mai segnalati alla sovraintendenza.
Come al solito le tombe vengono saccheggiate e poi distrutte. Tutti gli oggetti di valore vengono rubati e venduti. La mandibola dell’imperatore è stata venduta a pezzi, un dente alla volta. Chi sa se i suoi lunghi capelli biondo/rossicci sono stati venduti a mazzetti.

 

CONCLUSIONI

Sappiamo da Eginardo e Notker che Re Pippino aveva importato architetti e maestranze siriane. C’era un architetto siriano alla corte di Carlomagno: Adbullah.
Gli edifici studiati sono stati costruiti per i Carolingi e quindi appartenevano a loro.
Sono stati costruiti come edifici indipendenti.
Servivano ai Carolingi per le loro attività.
Non c’è posto per un largo pubblico all’interno.
Non sono stati trovati, in queste chiese, fonti battesimali pubblici a testimonianza di diritti parrocchiali, risalenti allo stesso periodo.
Per accreditare la sua teoria che questi edifici erano “chiese” abbaziali, la Sahler parla di continuo di “navate”. Ma se questi edifici sono quadrati, non ci sono navate. Ci sono delle campate. Vedere la definizione di navata nel Treccani.
A cosa servivano questi monumenti? Io penso che i Carolingi erano gente pratica. Questi edifici servivano per i riti religiosi e di corte, come il coronamento dei imperatori, ma anche per amministrare la giustizia. Servivano all’amministrazione imperiale e la religione ne faceva parte.
Abbiamo varie testimonianze che Carlo Martello amministrava la giustizia. Carlomagno era a disposizione della gente per le loro lamentele giudiziarie.
Carlomagno aveva la sua proprietà privata nel Piceno. Lo dice il capitolare de villis.
Aveva il suo palazzo, la sua cappella, la sua capitale e i campi militari: Campo Maggio e Campo Lungo che esistono ancora come toponimi attorno a San Claudio, OGGI.
Carlomagno è nato e morto nel Piceno.

 

FONTI

– Giovanni Carnevale, La scoperta di Aquisgrana in Val di Chienti, Queen Editore, Macerata, 1999.

– Hamilton, R.W. and Grabar, Khirbet al Mafjar, Oxford, 1959.

– MiljenkoJurković. Bertelli, Carlo e Brogiolo, Gian Pietro e Jurković, Miljenko e Matejčić, Ivan e Milošević, Ante e Stella, Clara, Bizantini, Croati, Carolingi. Alba e tramonto di regni e imperi, Milano, Skira Editore, 2001, pp. 151 e seguenti.

– Mancini, Enzo, Aquisgrana Restituta, Macerata, pubblicato dall’autore con un contributo del Comune di Corridonia, 1997.

– Illig, Heribert, Hat Karl der Grosse je gelebt? Graefelfing, Mantis Verlag, 1994. Das erfundene Mittelalter, Düsseldorf, Econ Editore, 1996.

– Pirenne, Henri, Maometto e Carlo Magno, Rome, Newton Compton Editori, 1997.

– Galiè, Vincenzo, Ecco a voi il sito et la forma dell’anfiteatro romano di PAUSULAE. La città, quindi, era nelle immediate vicinanze, Litografia COM coop, Capodarco di Fermo, 2011.

– Galiè, Vincenzo, La città di PAUSULAE e il suo territorio, Biemmegraf, Macerata, 1989.

– Tomba dell’imperatore Ottone III distrutta. Pamphlet: I millenari, Via col vento in Vaticano, si può anche scaricare come PDF.

– Tomba dell’Imperatore Lamberto distrutta: Un segreto di pulcinella: articolo firmato da Antonella Ventura, pubblicato nella rivista Emmaus, anno XXVII, n. 16 del 21 aprile 2012.

– Vedere articolo Elisabeth de Moreau d’Andoy, Mausolei-cripte, 2016.

– Sarcofagi a Sant’Angelo in Montespino distrutti: lo storico locale Onorato Diamanti ha trovato queste fonti storiche in Papiri Pievano Pacifico, Inventario 1848 nell’archivio della chiesa San Michele Angelo, Montefortino.

– Diamanti, Onorato, Inediti Fortinesi, Montefortino, pubblicati dal Centro Studi Fortunato Duranti, 1998, pp. 88-91.

– Tomba della regina Berterada, prima moglie di Carlo Magno, distrutta (foto): Elisabeth de Moreau d’Andoy, Charlemagne the Dark Secret, Amazon, 2015.

– Mausoleo imperiale a Santa Maria Piè di Chienti distrutto dal Serra: Serra, Luigi, L’arte nelle Marche: dalle origini cristiane alla fine del gotico, G. Federici, Milano, 1929.