LA REGINA SENZA NOME

 

La notizia che c’era una signora straniera che studiava la possibilità che Carlo Magno fosse nato ed avesse il suo palazzo e la sua capitale nelle Marche si era diffusa rapidamente nella piccola comunità. Il mio numero di telefono non è nella rubrica. Tuttavia la gente del posto mi trovava, mi fermava per strada, mi parlava, mi incontrava alle conferenze. Ho ricevuto un gran numero di informazioni totalmente nuove, fresche e inedite attraverso parecchi informatori. Ovviamente, controllavo le informazioni, ma generalmente avevano perfettamente senso.

 

Il telefono squillò e ho risposto.

–“Sono Alvise Manni, ho una bella notizia”

-“Veramente? Che cosa?”

–“Hanno scoperto un testo scolpito su una lastra di marmo ordinata dalla prima moglie di Carlo Magno per la sua ‘prigione’ (un’abbazia) o la sua tomba.”

–“Vuoi dire la figlia di Desiderio re di Lombardia?”

-“SÌ.”

–“Come fai a sapere che è lei?”

–“È stato identificato da un professore di paleoepigrafia”.

–“Dove è stato trovato? In Lombardia?”

–“No, in un piccolo museo poco conosciuto a 40 km (ca. 25 mi) da casa tua.”

-“Incredibile! Questo è il pezzo mancante del puzzle”.

-“Esattamente. Vieni a pranzo con me e questo professore giovedì.”

-“Grande!”

 

Nell’ottobre del 2010, il Professor Giovanni Rocchi, massimo esperto italiano della lingua, della cultura e dell’antica scrittura picena, professore di paleo-epigrafia, venne contattato da un architetto del comune di Falerone e da un’archeologa. Volevano il suo parere a proposito di un testo inciso sul bellissimo coperchio in marmo bianco di un sarcofago Romano (159,84 x 82,88 x 9,86 cm) che era stato poi riutilizzato nel Medioevo.

Testo inciso su marmo, museo di Falerone

 

Oggi, questo reperto si trova nel museo della cittadina di Falerone, in provincia di Fermo.

Città di Falerone, provincia di Fermo, Marche

 

Falerone esiste dalla preistoria e custodisce molti siti archeologici di epoca romana – incluso meraviglioso piccolo teatro – ancor’oggi sparpagliati un po’ ovunque sul suo territorio. Prima che dai Franchi, era abitata dai Longobardi. La tradizione vuole che l’epigrafe si trovasse nella chiesa di San Paolino, che fu violata e saccheggiata nel Medioevo (i resti furono dispersi). La lastra commemorativa di marmo venne prima utilizzata come altare, poi murata nella facciata di un edificio storico.

 

Un’attenta analisi di questo reperto archeologico porta alla luce diversi elementi: c’è un’iscrizione romana perfettamente incisa sul bordo. La disposizione delle lettere consente di dire che il testo che ci interessa era intagliato all’interno del coperchio del sarcofago Romano poi riutilizzato. Il testo è scritto nel senso della lunghezza, a indicare che il marmo era murato all’altezza degli occhi.

A sinistra, c’è uno spazio rettangolare, inciso profondamente martellato, in cui probabilmente si trovavano il ritratto e il nome del finanziatore, che del resto non è completamente cancellato. La prima lettera è una B. In mezzo c’è una E e l’ultima lettera è una A. Si tratta dunque di un nome di donna. Mancano altre sei o sette lettere.

Il testo scritto segue una specie di onda. Ciò non significa che chi viveva 1.250 anni fa non sapesse disegnare una linea diritta: questa particolare composizione è un modo poetico di fare riferimento al vento, al vento della storia, alla caducità delle cose terrene. A prima vista, il testo sembra scritto in un cattivo Latino. In realtà, è invece scritto in un raffinato Piceno.

 

Ecco il testo e una traduzione:

“ + In D(e)I NOM(ine)

Nel nome di Dio

REGNANTE DOMINO NOSTRO DESIDERIO

sotto il regno del nostro signore Desiderio

VIRO EXCELL(entissimo) REGE

uomo eccellentissimo, Re

ANNO PIETATIS (s)UE IN D(e)I NOM(ine)

nell’anno della sua pietà, nel nome di Dio,

TERZIO DECIMO GENTIS LANGU(ba)RDORUM(m)

il tredicesimo della gente longobarda

IDENQUE REGNANTE DOM(i)NO NOSTRO (ad)ELCHIS FILIO EIUS

e insieme regnando nostro signore Adelchi, suo figlio

ANNO FELICISSIMI REGNI EIUS

Nell’anno felicissimo undicesimo del suo regno

/ B . . . E . . . A / XPI(sti) NOM(ine) UNDICESIMO

/ B . . . E . . . A /, nel nome di Cristo,

SEO TEMPORIB(us) TASBUNI DUCI(s) CIVITATI(s) FIRMANE

ossia ai tempi di Tasbuno duce della città Fermana

MENSE JANUARIO INDICZIONE OCTOVA

nel mese di gennaio nell’indizione ottava (gennaio 771)

IN HUNC ARCA(m) VOLU(it) ET FECI(t) PRO SE SUIQUE OMNIUM

qui volle e fece l’arca, per se e di se, di/fra tutti…”

 

Qui il testo si interrompe bruscamente. Sembra che la parte finale, nello spazio vuoto sottostante, sia stata cancellata.

Giovanni Rocchi decise quindi di utilizzare le tecniche più recenti per poter vedere l’eventuale porzione cancellata. Grazie a uno scanner rotativo, apparve a un tratto la parte mancante del testo. Come uno schiaffo in pieno viso:

 

LOCOR(um)

(di tutti) i luoghi

LOCUM PACE ANIMI DESIDERATA

un luogo di desiderata pace per l’anima

BERTERADA DESIDERII FILIA

Bertrada, figlia di Desiderio

QAE FECE ROT PACE

Queste cose si fece(ro) in pace.

 

Accidenti, la committente di questo testo è proprio Berterada, figlia del re Desiderio dei Longobardi nell’VIII secolo!

 

Che cosa significa un’arca di pace? Nei dizionari latini, arca significa 1. bara 2. cella 3. prigione. Non dimentichiamo che il testo è redatto in lingua picena. Pare poco probabile che una regina di una ventina d’anni si predisponga già la sua tomba. Non immagino che questa sia tra le attività preferite di una giovane donna. Se invece si ispezionano le mura esterne della chiesa di San Paolino, si può constatare che vi erano addossate altre costruzioni. Oggi esse sono scomparse. San Paolino era dunque un monastero. Come abbiamo già segnalato, tutte le abbazie benedettine imperiali della regione sono state distrutte all’epoca dei Cistercensi. Si può dunque pensare che questa epigrafe commemorasse la costruzione, oppure il trasferimento della principessa longobarda Berterada, a sue spese, nell’abbazia in cui si era ritirata nel gennaio 771. E, in effetti, l’atmosfera del luogo è fiabesca, quasi magica. Lo sguardo abbraccia in un colpo d’occhio un paesaggio che va dai monti Sibillini alle colline del litorale adriatico.

 

Ma la figlia di Desiderio, sorella di Adelchi, non era la prima moglie di Carlo Magno? Se andiamo a vedere la biografia di Carlo Magno, scritta da Eginardo, apprendiamo che egli sposò una figlia del Re longobardo Desiderio, su insistenza della propria madre, Berta, e che poi, per una ragione che non conosciamo, la ripudiò un anno dopo, nel 771. Apparentemente, ella si è ritirata, o è stata richiusa, in un’abbazia. Eginardo non riporta il nome della regina.

 

Alla fine, la prima moglie di Carlo Magno, figlia del Re longobardo Desiderio, non si chiamava Desiderata, né Désirée, né Ermengarda, ma Berterada. In effetti, questo era anche il nome citato alla fine del IX° secolo dallo storico longobardo Andrea da Bergamo, nel suo Chronicon. La storia ufficiale lo considera “non molto affidabile”, proprio perché è l’unico ad averci fornito il vero nome della prima moglie di Carlo Magno. Di fatto, la parola “desiderata” appare nel testo dell’epigrafe, ma non è un nome proprio di persona, si riferisce invece alla pace dell’anima, tanto desiderata.

 

Generalmente, una regina veniva ripudiata quando si riteneva che fosse sterile. Ma considerare sterile una giovane donna dopo un solo anno di matrimonio appare un po’ affrettato.

Abbiamo questa giovane principessa Longobarda che arriva in un nuovo paese e sposa un re di 28 anni, dal momento che è stato associato all’incoronazione di suo padre quando ne aveva 11. Poi, un anno dopo il suo arrivo, ella finanzia questa epigrafe romantica per la sua “oasi di pace”, con il testo che scorre come un’onda.

Che cosa è accaduto?

 

Forse Berterada rifiutò Carlo perché aveva dovuto lasciare il proprio paese, la propria famiglia e, perché no, magari anche un uomo che lei amava in Lombardia? Forse non poteva sopportare Carlo, oppure lo amava, ma non ne era ricambiata? Il fatto che la giovane regina parli di arca di pace sembra indicare che essi fossero in lite. Forse Carlo la rifiutò per via delle interferenze dei parenti acquisiti, oppure perché desiderava un’altra donna e allora ripudiò Bertrada per sposare colei che amava. L’anno dopo Carlo sposò Hildegarde von Vintzgau.

 

Ma c’è un’altra possibile spiegazione. Ho informazioni di seconda mano non confermate secondo cui la regina Berterada potrebbe aver avuto un figlio con Carlo Magno.

Ora, non credo neanche per un attimo che Carlo, con il forte senso della famiglia che aveva, avrebbe ripudiato una moglie incinta o la giovane madre di suo figlio. Ma certamente avrebbe ripudiato la madre del figlio di qualcun altro, soprattutto se fosse stata sua moglie!

Ciò che potrebbe essere accaduto è che la giovane principessa longobarda fosse già incinta quando fu costretta a sposare Carlo dal re Desiderio, suo padre, e dalla regina Berta, madre di Carlo Magno.

Quindi il bambino, nato troppo presto, avrebbe causato la disgrazia della madre.

 

Possiamo fare nuove e più ampie considerazioni.

Il testo fornisce i tre punti di riferimento longobardi per la giovane regina: il padre, il fratello e il duca del luogo, che poteva essere Tassilo di Baviera, suo cognato e cugino di Carlo Magno. TASBUNO potrebbe allora significare “il buon Tas”. Sappiamo del resto che Tassilo aveva ricevuto dal suocero un territorio come dono di nozze quando aveva sposato Liutperga, sorella di Bertrada. L’epigrafe non menziona mai il marito della regina, Carlo Magno. Ciò significa evidentemente che non voleva più sentir parlare di lui.

La porzione di testo cancellata non è quella che parla dei re Longobardi, ma quella riguardante Bertrada, la prima moglie di Carlo Magno, e soprattutto il suo nome, il suo ritratto.

Il fatto strano che il nome Desiderata, inventato di sana pianta, si trovi nel breve testo cancellato dell’epigrafe mi fa pensare che le stesse persone che hanno grattato e martellato il nome e il viso della regina le abbiano affibbiato un nome falso. Si è fatto di tutto per cancellare la memoria non dei Longobardi nelle Marche, ma di Bertrada, vale a dire dei Franchi.

Avevo sempre pensato che la povera Bertrada, ripudiata e umiliata, fosse ritornata in Lombardia, ma evidentemente non è andata così.

 

L’epigrafe di Bertrada è stata trovata nella zona precisa dove i Franchi si erano insediati, soppiantando i Longobardi.

Una sorta di magnifico puzzle fuori misura cominciava a ricomporsi davanti ai miei occhi. Man mano che ogni nuova informazione andava a posto, cominciavano a sostenere l’intero edificio. Uno dopo l’altro questi pezzi stavano riscrivendo la storia.

 

Ma la storia non finisce qua!

Il mausoleo, di pianta quadrata con un’abside, era stato costruito all’interno di un’abbazia. L’abbazia fu distrutta, probabilmente dai Cistercensi. In una seconda fase edilizia, 3-4 secoli dopo, fu costruita una navata addossata alla facciata anteriore, trasformando il mausoleo reale in una chiesa, come fu fatto per molti mausolei dopo che il clero cattolico romano conquistò militarmente le Marche.

Falerone Chiesa San Paolino – Tomba distrutta (2011)

Questo mausoleo è stato tenuto chiuso per anni. Nel 2011, ho potuto guardare all’interno attraverso la finestra dell’abside nel coro rimasta aperta. Su un lato si trovava una tomba principale, che era probabilmente la tomba della regina longobarda Berterada, prima moglie di Carlo Magno. Dall’altro lato c’erano altre quattro o cinque tombe. Con tutte quelle tombe non c’era spazio per i riti religiosi. Era proprio un mausoleo, non una chiesa. Uso il passato perché tra il 2011 (data della mia foto) e il 26 aprile 2015, data della riapertura al pubblico, sono scomparse tutte le tombe così come la colonna e il suo capitello. Assistiamo all’ennesimo mausoleo trasformato in chiesa e alla scomparsa di importanti tombe. Ed è stato fatto sotto i nostri occhi!